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Divieto di costruzione sul muro di confine e normativa antisismica

Con l’ordinanza n. 121 del 07-01-2019, la Corte di Cassazione, nel ribadire la prevalenza della normativa antisismica rispetto alle norme del codice civile, ha escluso che si possa costruire chiedendo la comunione forzosa del muro e che si possa edificare innestando il proprio muro o in aderenza, dovendo le costruzioni restare separate da un giunto tecnico o altro accorgimento, avente la funzione di ridurre il più possibile la rigidità della struttura, rendendo flessibili le due unità.

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Catania la quale aveva disposto l’ordine di demolizione di un’opera, edificata operando la copertura di una terrazza per mezzo di una tettoia gravante su dei tubolari metallici infissi nel comune muro di confine.

Tale opera aveva dato luogo ad una costruzione contigua, non resa indipendente e liberamente oscillabile attraverso la predisposizione di un giunto antisismico come previsto dalla legge.

I Giudici di Legittimità hanno così confermato il proprio orientamento (ex multis, Sez. 2, n. 3425, 16-02-2006), rigettando il ricorso dell’autore della violazione edilizia e ribadendo che le disposizioni di cui alla Legge n. 1684 del 1962, preordinate ad assicurare la prevenzione antisismica, derogano le norme di cui agli artt. 874 (Comunione forzosa del muro sul confine), 876 (Innesto nel muro di confine) e 884 (Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune) del codice civile.

Ne discende quindi che non si può far luogo a costruzione chiedendo la comunione forzosa del muro e che non si può edificare innestando il proprio muro, ovvero in aderenza, dovendo le costruzioni restare comunque separate da un giunto ovvero un altro accorgimento tecnico, in grado di rendere flessibili ed oscillabili le due unità riducendo la rigidità della struttura.

Preme peraltro evidenziare che, nella fattispecie, la Corte ha confermato l’assunto dei Giudici catanesi i quali avevano rilevato che per la parte sopraelevata, oggetto della violazione, le fabbriche dovevano comunque considerarsi come due e distinte, dal momento che gli edifici misuravano altezze diverse e nonostante il piano primo fosse unico e comune.

Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte ha altresì evidenziato che, ai fini dell’applicazione del suddetto principio, non assume rilievo nemmeno la tecnica costruttiva adoperata (travi in metallo piuttosto che in cemento), in quanto ciò che rileva è la circostanza che l’aggancio del nuovo manufatto al muro del preesistete edificio, rendendolo solidale, ne attenua la resistenza sismica, a causa dell’aggravio d’irrigidimento dell’intera struttura.

(a cura dell’Avv. Giulio Fanti)